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L’articolo 2 della nuova normativa definisce la crisi come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. Significa che l’insolvenza, la fase ultima dello stato di crisi dell’azienda, non arriva all’improvviso ma, come se fosse un temporale finanziario, può essere prevista e adeguatamente gestita se vengono colti identificati specifici segnali economici e finanziari.
La nuova disciplina crisi d’impresa, in sostanza, intende responsabilizzare gli imprenditori, i creditori e gli organi di controllo verso una corretta gestione anticipata delle finanze aziendali. Viene inoltre eliminata la parola “fallimento”, in favore di “liquidazione giudiziale”: una differenza figlia della forte negatività che contraddistingue l’etichetta di “fallito” e che può gravemente nuocere al futuro dell’imprenditore, anche quando l’insolvenza non sia stata frutto di una grave incapacità strutturale imprenditoriale. La gran parte del testo della nuova normativa entrerà in vigore il 15 agosto 2020, salvo alcuni articoli e commi che, invece, sono in vigore dal 16 marzo 2019.
Le imprese dovranno quindi disporre un organo di controllo interno al fine di giudicare se stiano insorgendo eventuali segnali di crisi che possano condurre all’insolvenza. L’obbligo di nomina dell’organo di controllo interno spetta a tutte le imprese che abbiano superato almeno una delle seguenti soglie negli ultimi due esercizi: 20 dipendenti in forza; 4 milioni di euro di ricavi oppure 4 milioni di euro di attivo patrimoniale.
Cosa significano “segnali di crisi” nella nuova disciplina crisi d’impresa? Si intendono anomalie di tipo finanziario, patrimoniale e reddituale. A titolo d’esempio, rientrano nei segnali di crisi i ritardi nei pagamenti ai creditori oppure l’esistenza di debiti scaduti verso i fornitori da almeno 120 giorni, che superino complessivamente l’ammontare dei debiti non scaduti. In sintesi, gli indici devono evidenziare che l’impresa, nello stato in cui si trova, non riuscirebbe a sostenere i debiti per i 6 mesi successivi.
Nel momento in cui tali segnali di crisi vengono identificati, all’imprenditore individuale spetta il dovere di “adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”, secondo l’articolo 3 del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza. All’imprenditore collettivo viene, invece, chiesto di “adottare un assetto organizzativo adeguato”, per adottare le iniziative finalizzate alla risoluzione dello stato di crisi.
Una volta identificati i segnali di crisi, la nuova disciplina crisi d’impresa identifica due tipologie di allerta: una “interna” e un’altra “esterna”. Nella fase interna, spetta all’organo di controllo interno, al revisore contabile o alla società di revisione l’onere di segnalare all’organo amministrativo la fase di allerta. La fase esterna prende forma se entro i successivi 60 giorni dalla segnalazione interna della fase di allerta non sono state adottate le misure idonee per il superamento dello stato di crisi. La fase di allerta viene quindi segnalata all’Organismo di composizione della crisi d’impresa (anche detto OCRI), che ha il compito di ricevere le segnalazioni e gestire la fase di allerta. L’OCRI dovrà convocare il debitore e i componenti degli organi di controllo della società e valutare se lo stato di crisi è effettivamente esistente e, in caso positivo, valutare le misure da adottare entro un termine ultimo. Lo stato di crisi potrebbe essere non confermato nel caso in cui, per esempio, l’organo di controllo o un professionista indipendente attestino l’esistenza di crediti d’imposta o di altri crediti verso le pubbliche amministrazioni per un ammontare che compensa i debiti in essere, determinando il mancato superamento delle soglie che hanno determinato lo stato di crisi aziendale.
La segnalazione dello stato di crisi è obbligatoria e, naturalmente, la nuova disciplina d’impresa ha previsto delle sanzioni per chi non adempie. Se fossero inadempienti gli organi di controllo della società in crisi, allora questi dovranno risarcire il danno causato alla società e ai creditori, poiché hanno aggravato il dissesto aziendale. Se a essere inadempiente, invece, fosse un credito qualificato (come l’Agenzia delle Entrate o un ente previdenziale), quest’ultimo perderebbe il suo stato privilegiato.
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